Come ho detto e ripetuto in molti miei articoli, lo smartphone è il silente custode della mia vita privata. Non che abbia molti scheletri nel cellulare da nascondere, semplicemente mi sentirei alquanto a disagio se tutti i miei filmati, le mie foto, e quant’altro vi è di personale finisse nelle mani sbagliate. Per questo, quando ancora possedevo un Samsung, passavo molto tempo a scervellarmi su quale, tra i vari metodi di blocco dello schermo, fosse il più sicuro, creando password e combinazioni degne di Leonardo da Vinci (ma talmente complicate che io stesso finivo per confondermi e/o dimenticarle). Poi, una volta comprato HTC One Max, grazie al lettore di impronte digitali le mie preoccupazioni si sono attenuate, ma solo di poco. Anche se infatti ritengo assai improbabile che qualcuno possa replicare su una pasta di gomma sintetica la mia impronta, esiste lo sblocco d’emergenza, che altro non è che una semplice password come tutte le altre.
Evidentemente non devo essere l’unico, tra i consumatori, a sentire vicino questo problema, se le maggiori aziende produttrici hanno cominciato a sviluppare tecnologie sempre più sofisticate per portare la sicurezza a livelli mai raggiunti prima. Google sta sviluppando il Face Unlock System, lo scanner facciale; la Apple, seguita a ruota da HTC, ha integrato nel suo iPhone 5S il lettore di impronte digitali (o Touch ID, se preferite); il nuovo Motorola Moto X ha fatto il suo debutto con numerose possibilità di sblocco, inclusa la Skip, un badge magnetico capace di replicare password e nome utente in modo da consentire uno sblocco rapido e “sicuro”; infine, tempo fa, quando ancora si favoleggiava sulle possibili, mirabolanti features del Samsung Galaxy V (poi puntualmente smentite), sembrava che nel telefono dovesse venir integrato un sensore di riconoscimento oculare.
Il team di sviluppatori di Google Advanced Technologies and Products, lo stesso gruppo di persone che ha dato vita a progetti come il telefono assemblabile (o altresì detto “Project Ara”) e lo smartphone che riesce a tracciare la planimetria della stanza in cui ci troviamo(chiamato anche “Project Tango”), si è interessato al problema. Lo scorso anno, Regina Dugan, a capo del team che da Motorola è approdato a Google, ha mostrato alcuni concepts di tatuaggi temporanei che, una volta applicati sulla pelle, permetterebbero lo sblocco del telefono grazie alla presenza di un chip NFC all’interno.
Ci è voluto un anno di tempo, ma finalmente sembra che i primi risultati stiano già apparendo in rete. Tramite infatti una compagnia chiamata VivaLnk è possibile acquistare (ma solo negli Stati Uniti) un set di 10 Tatuaggi Digitali per soli $9.99, ognuno dei quali ha un ciclo vitale di cinque giorni circa. Non abitando negli USA, non sono riuscito a provare direttamente quest’innovativo sistema di sblocco. Anche se…
Dan Seifert (blogger presso il sito TheVerge) ha però avuto occasione di testarli personalmente, e le sue impressioni non sono state molto positive.
Il tatuaggio soffre molto il caldo e il sudore, e la sua durabilità cala di molto
Pur ammettendo di non essere un appassionato estremo di tali innovazioni (al contrario di alcuni suoi colleghi, che hanno deciso di impiantarsi il chip sottopelle), Dan ha espresso sinceramente quali sono state le sue opinioni in merito, e non faccio fatica a condividerle. Per quanto riguarda il tatuaggio in sè, Dan e sua moglie hanno ammesso che sia abbastanza brutto, mentre la loro figlia di due anni è rimasta impressionata dalla sua forma a spirale, che a mio parere ricorda più il primo sintomo di una malattia contagiosa che un chip NFC. Secondariamente, anche se viene garantito un ciclo vitale di cinque giorni a tatuaggio, i Digital Tattoo si sono dimostrati abbastanza impotenti contro il caldo e l’umidità di un luglio veramente afoso (almeno negli USA), tanto che Dan è arrivato a consumarne tre in una settimana.
Per sbloccare il telefono bisogna utilizzare entrambe le mani, e occorre primariamente accendere lo schermo: è più semplice e veloce inserire la password manualmente
Il tatuaggio può essere utilizzato al meglio delle sue possibilità se posizionato in una parte del corpo facilmente raggiungibile tramite lo scanner del Moto X, per cui Dan ha deciso di posizionarlo sul suo polso destro (essendo mancino). Il chip viene rilevato dal telefono proprio come se fosse un badge elettronico attraverso la tecnologia Skip, in modo che l’utente sia portato a strisciare il telefono sul polso piuttosto che costretto ad attivare lo schermo e immettere il codice di sblocco. Ma la realtà dei fatti è ben diversa.
Ciò che infatti non si nota subito, è la necessità di dover utilizzare entrambe le mani per azionare il chip: con una si tiene sollevato lo smartphone, mentre con la seconda si porge il polso sul quale è posto il Digital Tattoo. Secondariamente, per far sì che il chip venga riconosciuto, bisogna accendere lo schermo del telefono, rendendo la procedura ancor più lunga e noiosa, tanto che Dan ha ammesso di preferire il sistema di sblocco tradizionale, sia per velocità, sia per ergonomia, arrivando a scordarsi di avere indosso il tatuaggio. “Old habits are hard to break, after all.” Senza contare il procedimento che bisogna sopportare per rimpiazzare il vecchio Digital Tattoo con il nuovo.
In sostanza, Motorola Moto X ha avuto un grande impatto sulla tecnologia Android, introducendo una nuova visione del sistema Bluetooth; oltre a ciò, sul Play Store sono innumerevoli le applicazioni che tentano di imitare il suo invidiabile sistema di notifiche. Ma nonostante i contenuti del Moto X abbiano ispirato il resto del mondo, i Digital Tattoo probabilmente non lo faranno: magari durante il loro sviluppo saranno sembrati un’idea magnifica ed innovativa agli scienziati e ai programmatori che hanno scommesso su questo progetto, ma, ciononostante, non si è dimostrato talmente performante da sostituire i vecchi metodi di sblocco.
PIN 1, Digital Tattoo 0. Palla in centro.
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